La
Santa Sede esprime “profonda preoccupazione” per le violazioni della
libertà religiosa e per i sistematici attacchi inferti alle comunità
cristiane in alcune aree del pianeta come Africa, Asia e Medio Oriente. È
quanto sottolineato da mons. Silvano Maria Tomasi, intervenuto ieri
alle Nazioni Unite di Ginevra. Il presule ha affermato che “indagini
credibili” sono arrivate alla “scioccante conclusione” che “oltre 100
mila cristiani vengono uccisi ogni anno, per motivi che hanno una
qualche relazione con la loro fede”.
Altri cristiani, ha
proseguito l’Osservatore permanente della Santa Sede all’Onu di Ginevra,
sono soggetti a uno sradicamento forzato, subiscono "la distruzione
dei loro luoghi di culto, lo stupro e il rapimento dei propri leader",
come accaduto recentemente a due vescovi ad Aleppo, in Siria. Molti di
questi atti, ha aggiunto, “sono il frutto del fanatismo,
dell’intolleranza, del terrorismo e di leggi discriminatorie”. Inoltre,
ha detto mons. Tomasi, in alcuni Paesi occidentali, “dove la presenza
cristiana è stata storicamente parte integrante della società”, si
rafforza la tendenza a “marginalizzare il Cristianesimo nella vita
pubblica”, ignorando il suo contributo sociale e storico e arrivando
addirittura a “restringere la capacità delle comunità di fede di portare
avanti i loro servizi caritatevoli”. Monsignor Tomasi ha quindi
rammentato che il Consiglio dei diritti umani dell’Onu ha riconosciuto
che la religione e la spiritualità sono al servizio della promozione
della dignità umana e che il Cristianesimo è al servizio del vero bene
dell’umanità. A tal riguardo, il diplomatico vaticano ha elencato alcuni
servizi, dall’educazione alla sanità all’assistenza dei rifugiati, che
vedono la Chiesa cattolica impegnata a favore dell’uomo, senza alcuna
discriminazione di razza o religione. Monsignor Tomasi ha quindi
concluso il suo intervento riprendendo le parole di papa Francesco nel
Messaggio per il 17esimo Centenario delle celebrazioni per l’Editto di
Milano: “Sia ovunque rispettato il diritto all'espressione pubblica
della propria fede e sia accolto senza pregiudizi il contributo che il
cristianesimo continua ad offrire alla cultura e alla società del nostro
tempo”.
Avvenire
28 maggio 2013
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